martedì 29 aprile 2014

Castro. Riscoperta dell'antica capitale farnesiana di Anna Laura. #5

Nel 1545, il trasferimento del Duca, insignito del Ducato di Parma e Piacenza, più grande e prestigioso, segna l'inizio della decadenza di Castro con conseguente depauperamento di genti e di beni. I progetti sangalleschi non vengono portati a compimento. L'esodo seguito al trasferimento di Pier Luigi comporta il venir meno della volontà di spendere in Castro somme notevoli, richieste invece pressantemente da altri progetti farnesiani.
E' dato storico che la nuova unità stilistica urbanistico-architettonica per Castro, totalmente ridisegnata dal Sangallo, non ebbe mai modo di  realizzarsi : fù costruita solo parzialmente la nuova piazza, mentre furono ben presto abbandonate e probabilmente non completate numerose abitazioni progettate dal famoso architetto.

rovine di una casa in Castro

Gustavo Giovannoni nel suo studio del 1959 su Antonio da Sangallo il Giovane, scrive : " Strane sorti quelle tra loro connesse di Antonio da Sangallo e della città di Castro. Il primo, che pure è stato il maggior realizzatore dell'architettura del 500 non ci ha lasciato nessuna opera architettonica che ci sia pervenuta integralmente sua. Castro, nata con un'energia così fervida e rapida da ricordare, a dire di Annibal Caro, il Rinascimento di Cartagine, è stata un secolo dopo completamente distrutta...".



Duomo di S. Savino

I debiti contratti dai Farnese ( che da Parma si disinteressarono della città di Maremma, sebbene ne traessero cospicue rendite a garanzia del " Monti Farnesiani" , costituiti a Roma per permettere gli sfarzi della corte parmense) e la loro insolvenza verso i banchieri romani, l'ostilità delle nobili famiglie romane, la stessa autonomia ottenuta nell'ambito dello Stato Pontificio da Castro e il suo Ducato, determinarono contrasti acerrimi con l'Amministrazione Pontificia che sfociarono nella " Guerra di Castro" ( 1641-1644).
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lunedì 28 aprile 2014

Castro. Riscoperta dell'antica capitale farnesiana di Anna Laura, #4

La ristrutturazione di Castro è affidata all'Architetto Antonio da Sangallo il Giovane, che procede ad integrare le costruzioni medioevali con nuovi edifici rinascimentali ed elabora un nuovo assetto urbanistico della città che avrà nella piazza maggiore il punto focale di rappresentanza. Accetto da lungo tempo ai Farnese, nel 1537, anno di forrmazione del Ducato, il Sangallo si trova all'apice di una serie ininterrotta di successi professionali, che, dopo la diaspora seguita al sacco romano, hanno fatto di lui uno dei portabandiera della ricerca architettonica antiquaria, applicata con soluzioni originali anche agli edifici progettati per Castro : il Palazzo Ducale, l'Hosteria, la Zecca, i palazzi privati, il convento di S. Francesco.
Il Sangallo restaura inoltre il Duomo di S. Savino, progetta la fortificazione della città, il bastione della fortezza a strapiombo sull'Olpeta, il forte reale a forma di pentagono davanti all'ingresso principale della città e la doppia Porta Lamberta.

città di Castro
foto by www.canino.info

 E' il Vasari la fonte documentale di tale trasformazione :" Morto Clemente e creato poi Papa Paolo III Farnese, venne Antonio, essendo stato amico del Papa mentre era cardinale, in maggior credito poichè avendo Sua Santità fatto Duca di Castro il Signor Pier Luigi suo figliolo, mandò Antonio a fare il disegno della fortificazione che quel Duca vi fece fondare e del palazzo che sulla piazza è chiamato l'Hosteria e della Zecca che nel medesimo luogo, murata di travertino a similitudine di quella Roma. Nè  questi disegni solamente fece  Antonio in quella città, ma ancora molti altri palazzi ed altre fabbriche a diverse persone terrazzane e forestiere che edificarono con tanta spesa che a chi non le vede pare icredibile .....  il che non ha dubbio, fù fatto da molti per far piacere al Papa...".
L'opera del Sangallo a Castro, la rielaborazione organica, urbanistica ed architettonica della città medioevale secondo canoni e schemi impostativi rinascimentali, è paragonabile a quella dell'Architetto Rossellino, che trasformò Pienza in vera città rinascimentale per Papa Piccolomini
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Castro. Riscoperta dell'antica capitale farnesiana di Anna Laura, #3

Per la sue caratteristiche di inaccessibilità, per la sua particolare configurazione e per l'ubicazione geografica ( ai confini dello Stato Pontificio tra Firenze, Siena e il mare), la città di Castro fù contesa a lungo dalle nobili famiglie locali, fra le quali appunto la famiglia Farnese.
Questa, dopo aver ricoperto con i suoi componenti cariche importanti in Orvieto, riuscì a formarsi un cospicuo feudo in Tuscia con successive annessioni ed ebbe sempre una maggiore ascesa attraverso concessioni ed investiture papali; nel 1513 il possedimento comprendeva i centri di Ischia, Farnese, Latera, Canino, Gradoli, Isola Bisentina, Marta, Capodimonte, Valentano e la Badia di Vulci.

Territorio del Ducato di Castro
by Wikipedia

Come già accennato, nel 1527 Pier Luigi Farnese, figlio del cardinale Alessandro, occupò la città provocando la reazione di Papa Clemente VII che gli inviò contro un altro Farnese, Galeazzo. Questi procedette con i suoi mercenari ad una sanguinosa e brutale opera di saccheggio della città che venne profanata con ogni sorta di scempi e nefandezze.
Solo dopo l'elezione del cardinale Alessandro Farnese al soglio pontificio come Paolo III, nel 1534, avrà compimento l'aspirazione di annettere ai loro possedimenti Castro, naturale appendice.

Paolo III, ritratto , Tiziano Vecelio (1543)
Museo Nazionale di Capodimonte (NA)

Il Papa nel 1537 istituisce per il figlio Pier Luigi il Ducato di Castro. La città di Maremma diventa così capitale di una Signoria che per estensione e territorio eguagliava molte altre più celebri dell'Italia centrale come Lucca, Urbino e Pesaro. Doveva per questo possedere un impianto urbanistico capace di accogliere degnamente tanti illustri personaggi abituati alla sfarzosa vita romana del tempo.
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domenica 27 aprile 2014

Castro. Riscoperta dell'antica capitale farnesiana di Anna Laura. #2.

Ricchissima di storia, e dal 1649 città morta, Castro si presenta oggi con le sue rovine commiste al bosco cresciuto sui resti degli edifici rinascimentali. I resti della città si estendono per una superficie di 3 ettari su uno sperone di tufo, a 230 metri di quota, circondato dal fiume Olpeta e dal fosso delle Monache, che ne costituiscono la naturale difesa.

rovine commiste al bosco

Le rovine disseminate sono nascoste, sotto un basso strato di terra, da una fittissima vegetazione . Addentrandosi nella foresta ci si immerge in un'atmosfera di grande fascino : sentieri e radure una volta strade, piazze, cortili, cumuli di macerie una volta case, palazzi e chiese si integrano nel variare delle stagioni ai colori della natura, sovrana custode secolare di questo prezioso segreto.

resti di pavimentazione in laterizio a spina di pesce
nella Piazza Maggiore

L'insediamento, di probabile origine villanoviana, divenne in epoca etrusca,  uno tra i più importanti e prosperi centri dell'Etruria meridionale ( come dimostrano le ricche necropoli che lo circondano ) da identificarsi secondo alcuni studiosi con Statonia, città etrusca citata da Plinio e da Vitruvio ,  prefettura romana dopo il 280 a.c . Ma il dibattito scientifico su tale identificazione e' ancora aperto. Centro fiorente a partire dal VII sec.  A.c. e soprattutto nel VI, conobbe nel V una crisi ( sono infatti inconsistenti i dati relativi a questo periodo ), per riprendersi poi nel IV secolo fino in età romana, epoca in cui la città etrusca diventa prefettura e acquisisce il nome tramandatoci : Castrum, accampamento, fortificazione.  

ruderi di edificio

Nel VII sec. d.c. A Castro viene trasferita la sede vescovile di Bisenzio, distrutta dai longobardi.
Nel 749, in seguito alla distruzione della città di Vulci da parte dei Saraceni, Castro ( chiamata allora Castello di Madonna Felicita, nome derivato probabilmente dalla proprietaria del momento), fu' scelta per la nuova sede episcopale.

ruderi di edificio

Dal 1154 il borgo fortificato di Castro entra a far parte del Patrimonio di S. Pietro al quale fu' soggetto, con alterne vicende, fino al 1537, quando la famiglia Farnese lo acquisisce dalla Camera Apostolica, tramite un permuta con Frascati, dopo un tentativo fallito di conquistarlo con la forza nel  1525.

sabato 26 aprile 2014

Castro. Riscoperta dell'antica capitale farnesiana di Anna Laura #1

Le suggestive rovine della città progettata da Antonio da Sangallo il Giovane per la famiglia Farnese e distrutta per ordine del Papa Innocenzo X Pamphili immersa in un parco archeologico e naturalistico, costituiscono una memoria fondamentale della storia della Tuscia.

valle del Fiora
Il territorio di Ischia di Castro nella media valle del Fiora, al confine fra Lazio e Toscana, offre oggi al visitatore non soltanto luoghi ancora incontaminati, ma un notevole paesaggio storico, che la mano dell'uomo ha connotato con impronte millenarie.
Il panorama naturale, a tratti aspro e selvaggio, si presenta infatti in armoniosa simbiosi con i numerosissimi resti archeologici che attestano una continuità di frequentazione umana e di civiltà dalla Preistoria al Rinascimento. Siamo nel cuore della Maremma viterbese, regione che vanta località prestigiose per l'archeologia etrusca in particolare ;  basti citare Vulci, Tuscania e Tarquinia ed, al confine toscano, Sovana e Pitigliano, costellate di gioielli romani, medioevali, rinascimentali.

Ara del Crocifisso nei pressi di Castro
Racchiusa nel territorio di questo piccolo comune, si estende l'area archeologica delle necropoli etrusche e della distrutta città rinascimentale di Castro, di cui Ischia ha ereditato non soltanto il nome e la notevole entità culturale, ma l'intera estensione territoriale.
La totalità del sito costituisce una delle maggiori evidenze storiche in tutto il comprensorio dell'Alta Tuscia, importante non solo per il suo valore scientifico, ma anche per le possibilità di interesse turistico.

panorama della area contigua alla città di Castro

venerdì 25 aprile 2014

25 aprile

Poesia del poeta Valentini.

La Conciliazione.

Da dopo che hanno fatto l'alleanza
il nostro Santo Padre e Mussolini,
si langue padri, madri e figliolini,
se si fa' colazione non si pranza.

Il Papa magna e beve a crepanza
i preti so' diventi traffichini :
danno santi e madonne pei quattrini,
di sfamarsi noialtri n'c'e' speranza.

S'è fatto calzolaio il nostro Duce
Pe' accomoda' d'Italia lo stivale,
ma la lesina nostra non gli cuce.

C(i) ha incarito le sighere col sale;
tanto a voglia a incari', non si produce!
Ormai è' sguardiato e si cammina male.

Sguardiato : ormai lo stivale e' andato fuori misura.



giovedì 24 aprile 2014

In-solita Castro - M.Lotti

Castro (VT) -  Il sito è conosciuto principalmente per la sua distruzione ed il suo nome è indissolubilmente legato alle vicende della casa Farnese; altra notorietà gli è conferita in ambito religioso/devozionale dal Santuario del S.S. Crocifisso di Castro. In realtà questo luogo ha molte altre storie da raccontare…
La testimonianza medioevale che l'Alberti diede di Castro fu di una città “... totalmente da rupi et caverne intorniata che pare a quelli che la veggono piuttosto di intrare in una spelonca da selvaggi animali habitati che da domestici uomini...”, e questo deve essere stato il suo aspetto fin dal primo Medioevo.

Chi visiti oggi la distrutta Città di Castro, percorrendo il nuovo e comodo sentiero pavimentato che vi conduce, si trova davanti alle rovine della capitale della famiglia Farnese, una città bloccata nel tempo al 1649. I resti sono quelli di palazzi dalle facciate sfarzose, immaginabili dai progetti del Sangallo, di chiese e abitazioni arricchite da travertino scolpito, i cui resti si ammassano sul terreno. Al momento della sua distruzione Castro era una cartolina, un biglietto da visita ad immagine del potere Farnese.

Sentiero di accesso alla Città di Castro
 Vero è però che quest'iconografia, impressa nell'immaginario collettivo, corrispose a realtà solo per pochi decenni. Prima di essere toccata dalla mano del Sangallo, Castro era stata ben altra cosa in momenti di questo luogo non tangibili eppure presenti nella sua storia: l’etrusca Poggio Buco, la romana Statonia, il presidio longobardo fuori porta di S. Silvestro, il ghetto ebraico.
L’immagine della “diruta città di Castro” fu anche scelta come simbolo risorgimentale da un’associazione patriottica locale, l’ Associazione Castrense (1848-1849). Da qui emanava i suoi proclami con lo scopo dell’ “…indipendenza ed unità nazionale, sviluppo progressivo della libertà, meglioramento intellettuale, morale e materiale del popolo”.

Rovine di Castro


 Il messaggio del suo giuramento fatto sotto il S.S. Crocifisso di Castro, unico superstite della distruzione voluta dal papa Innocenzo X, era quello della volontà di creare “…uno Stato moderno, in senso unitario, proprio dalle rovine che un governo ecclesiastico aveva provocato” (M. Lotti, Terra e Unità, D. Ghaleb Editore, Vetralla, 2013).

Proclama del 1849 dell'Associazione Castrense

E proprio dalla metà dell’Ottocento e nel momento risorgimentale prese sempre più fede tra le popolazioni locali la devozione al S.S. Crocifisso di Castro, tanto che nel 1870 il maggior afflusso di fedeli portò all’ampliamento del santuario.

La Maremma di Alfio Cavoli.

Quando alcuni anni fà mi sono trasferito  in Maremma, prima a Pitigliano e poi ad Ischia di Castro, ne  ho voluto  conoscere i luoghi, le tradizioni e la storia. Uno dei primi libri nei quali mi sono imbattuto è stato "Maremma amara " di Alfio Cavoli, lo scrittore di Manciano che può essere definito la memoria e la coscienza di questa terra.
Alfio Cavoli nacque a Manciano il 22 agosto del  1927 da genitori contadini, che intuendone  le qualità, a costo di enormi sacrifici , permisero al figlio di studiare. Diplomatosi Perito agrario, divenuto poi insegnante in un Istituto professionale di Manciano, fù poi  corrispondente per " Il Telegrafo" di Livorno con il quale collaborò fino al 1989.

Alfio CAvoli
foto by Associazione culturale Alfio Cavoli

Nel 1965 pubblicò il suo primo volume, una raccolta degli articoli già proposti nelle pagine del "Il Telegrafo" e vari inediti. Seguiranno numerosissimi altri libri, oltre agli articoli per "Il Tirreno", "Paese Sera", "Cultura oggi" ecc. In veste di storico e scrittore d'argomento maremmano partecipò a verie trasmissioni sia radiofoniche che televisive della RAI e fù consulente storico del film " Briganti della Maremma tosco-laziale dell'800"di Sergio Rossi  nel 1986  e "Tiburzi" di Paolo Benvenuti nel 1996. Dal 1965 al 1990 occupò la carica di Assessore alla Cultura ed alla Pubblica  Istruzione del Comune di Manciano, ottenendo il potenziamento della Biblioteca Civica, l'istituzione delle biblioteche nelle frazioni di Saturnia, San Martino sul Fiora e tre musei  : il Museo di Preistoria e Protostoria della valle del fiume Fiora, il Museo Etrusco a Saturnia e la Pinacoteca Aldi-Pascucci oggi chiusa.
Morì a Roma il 30 settembre 2008, dopo aver , contribuito salvare il patrimonio culturale, storico ed ambientale della Maremma a lui cosi caro.


Sono figlio di un paese - Manciano -  che svetta nel cielo della "Maremma di là" per  ammirare tutt'intorno panorami sterminati di pianure e di monti, di colli e di marine. I  miei nonni, sia paterni , materni, erano
contadini; i miei genitori braccianti. Dagli uni e dagli altri ho ereditato la fierezza delle origini proletarie e l'orgoglio di una maremmanità fra le più autentiche e schiette. I giorni più giocondi e spensierati della mia vita, nonostante gli spettri della povertà e del disagio familiare, li ho trascorsi da ragazzo nei campi e nelle vigne. Ho avuto perciò la fortuna di conoscere la Maremma vera, quella di cui non rimane ormai che il ricordo nei dipinti, nei libri, nelle foto struggenti del Denci o dell'Azzolino. Ho fatto in tempo a vedere gli ultimi poveri diavoli che scendevano dalle montagne per trovare di che sopravvivere nei latifondi ancora malarici. E la pena che suscitavano mi è rimasta scolpita nella memoria come un punto fermo su cui tornare spesso a riflettere. Ho sentito i sapori, gli odori, le voci i suoni di una campagna primigenia, dove scorrevano nella quotidiana durezza dell'impegno, arcaiche esistenze; e dove la natura, rigogliosa ovunque di quella vegetazione poi sacrificata in gran parte agli dei del progresso, celebrava i suoi fastosi trionfi primaverili.





mercoledì 23 aprile 2014

Il latifondo e la sua organizzazione.

Il latifondo, ( dal latino : latus, ampio e fundus, podere ) è un terreno agricolo di grandi dimensioni, solitamente mal coltivato ed adibito a colture estensive spesso alternate a pascolo. L'Ente Maremma, oggi Arsial, nel 1951, diede il via su mandato del  Ministero Agricoltura e Foreste all'espropriazione di vaste distese di terreno incolto nella Maremma tosco-laziale possedute come latifondo da poche nobili famiglie, e alla loro redistribuzione agli agricoltoiri, suddivise in lotti di terreno con annesso podere. 
Così Carlo Nanni descrive l'organizzazione del latifondo nel suo libro  Ischia di Castro , il vecchio e il nuovo.
Il grande latifondo, fino alla riforma agraria, rimase alla Selvicciola di proprietà del Principe Torlonia, nel Comune di Canino  ( dove era proprietario anche di Musignano ), a Castelfranco ( Conte Ciacci di Pitiglaino ), al Pianetto, e fuori Ischia a  Manciano e Montalto.
Il latifondo era diviso in tenute, masserie, fattorie, a loro volta suddivise fra contadini e mezzadri. Il padrone era rappresentato nella tenuta dal ministro, alle cui dipendenze erano i fattori, i massari i vergari, i capoccia , da cui a loro volta, dipendevano direttamente gli altri subalterni , attraverso tutta una serie di dipendenze gerarchiche. La cura delle pecore avevano nel vergaro il loro capo, sotto cui stavano garzoni e biscini. Sotto il fattore stavano i butteri, i bifolchi e tutti gli altri lavoranti. Il massaro era a capo del bestiame grosso ( cavalli, muli, asini, tori, vacche ) mentre il capoccia badava ai buoi aratori e da stalla. Il buttero, per lo più a cavallo, custodiva le mandrie di cavalli e buoi, i quali poi, dal bifolco erano adibiti ai lavori dei campi. Parallelamente si avevano i caprai e i porcai per le greggi di capre e porci che erravano per i  monti e le vallate vicino al Fiora.

butteri dell'800
foto by butterimonterano.it

Per i lavori della semina, della sarchiatura del grano, della raccolta del fieno e del grano si avevano le "compagnie" dei lavoranti, divisi in gruppi di uomini e donne sotto la sorveglianza del caporale e del caporaletto o della caporala.

la donna dei buoi
foto by antichimestieri.arsia.toscana.it

Le compagnie si formavano occasionalmente nel periodo dei lavori estivi, ma presso i grandi latifondi vi erano compagnie permanenti, occupate lungo tutto l'arco dell'anno nei più vari lavori dei campi.
Su tutta la tenuta si svolgeva l'azione di sorveglianza dei guardiani, cara ai padroni ma invisa ai dipendenti o ai liberi contadini.

contadini
foto by orbetello.mariotii.it


martedì 22 aprile 2014

Escursioni - periodo maggio-settembre 2014.

Giuliano di Mario ha reso noto il calendario delle escursioni per il periodo che compreso  tra maggio a settembre 2014.
1) 4 maggio - S. Cecilia, Piramide di Bomarzo e Tempio le Rocchette ;
2) 31 maggio - Vie Cave Fraterniti e S. Giuseppe ;
3) 15 giugno - osservatorio di Poggio Rota e Poggio dell'Ovo ;
4) 5 o 6 luglio - Templum Celeste -Lago di Bolsena ;
5) 27 luglio - grotte della Dea Madre e delle Settecannelle ;
6) 15 agosto - Selva del Lamone ;
7) 31 agosto - Sorgenti della Nova;
8) 7 settembre - Tempio di Demetra a Vetralla.

lunedì 21 aprile 2014

Le rocche dei Farnese. Ischia di Castro. Carlo Nanni, Ischia di Castro.

Il più vistoso monumento di Ischia di Castro rimane il castello medioevale rinascimentale, denominato dai paesani "la Rocca". Essa fù agli inizi, una delle più antiche residenze di casa Farnese.

foto by www.mondimedievali.net
La  sua struttura mostra le diverse fasi della sua attuale configurazione. Direttamente edificata sul masso tufaceo è la parte originaria che risale al sec.XI. Essa venne ulteriormente fortificata nel XIV sec. Di questa fase rimangono in parte tre torri incorporate nella ricostruzione rinascimentale, purtroppo rimasta incompiuta, attribuibile ad Antonio da Sangallo il Giovane, architetto di fiducia dei Farnese ( almeno come disegni d'insieme ), che cambiò il Castello in Palazzo. Delle tre torri, quella a sud-est, in epoca medievale difesa dal ponte levatoio, trasformato poi in torre d'ingresso al centro storico, venne probabilmente mozzata, poi sopraelevata nel sec. XVIII, per installarvi l'orologio.

torre dell'orologio

La centrale fù riempita per  sostenere la spinta della nuova costruzione, l'ala destra del palazzo rinascimentale. Anche la terza, dove si trova l'accesso al palazzo, si presenta mozzata.
La ristrutturazione del Sangallo determinò una trasformazione tipologica ed estetica della severa costruzione medievale, dando alla primitiva struttura il nuovo aspetto di palazzo nobiliare, connotato da un'ariosa loggia in strutture di travertino,  che rimane un buon esempio di residenza civile di una delle famiglie più importanti dell'epoca.

foto by www.tusciainrete.it
Dopo che, a più riprese, le ultime amministrazioni comunali hanno pensato di acquisire la Rocca dai proprietari, gli eredi Piermartini, questa è poi stata in effetti acquistata da privati, che ne hanno curato il restauro del tetto e delle facciate.

domenica 20 aprile 2014

Le correnti migratorie in Maremma. Da Carlo Nanni, Ischia di Castro, il vecchio e il nuovo.

Lo studioso di Manciano, Alfio Cavoli, in uno dei suoi tanti  libri sulla Maremma  tosco-laziale, avanza una suggestiva ipotesi circa la caratteristica identità dei maremmani. Partendo da un'indagine storico-demografica, egli mostra che la gran parte dei maremmani ha origini forestiere, poco lontane nel tempo. E molti di essi sono giunti in Maremma in tempi relativamente recenti ( ad esempio in seguito alla riforma agraria degli anni cinquanta ).

assegnazione delle terre prevista dalla riforma agraria
da www.archivioluce.com

 Tuttavia, da parte di chi è nato e si trova ad abitare in Maremma, e' molto sentita la coscienza di essere, appunto, "maremmano ", prima ancora che toscano, grossetano, laziale, viterbese , quasi come se la terra maremmana abbia una capacità di radicazione tutta particolare, tale da far luogo ad un senso di identità molto forte. Come se, non essendoci comunanza di razza e di sangue, faccia da collante la terra e l'insidiamento in essa. La "Maremma amara " mostra di possedere una forza attrattiva di "gran madre " verso i suoi figli, anche quando se ne devono andare lontani da essa, creando profondi sensi di nostalgia e di desiderio di ritorno.

butteri maremmani
da www.archivioluce.com


Storia della Tuscia

In origine il territorio della Tuscia, oggi corrispondente alla provincia di Viterbo, era compreso nell'Etruria, la regione centrale della civiltà etrusca. Dal II secolo a.C. , i Romani cominciarono ad usare il nome di Tusci  e di Tuscia per gli abitanti e per la regione che era stata definitivamente unità a Roma nell'89 a.C. Ai tempi di Ottaviano Augusto si distingueva un'Etruria imperiale da un'Etruria senatoriale.
Fin dagli inizi del Medioevo, si distinse più chiaramente una Tuscia Langobardorim o regale ( attuale Toscana sopra l'Ombrone ), una Tuscia ducale o spoletina ( che comprendeva l'attuale Umbria ) e una Tuscia Romanorum o romana ( identificabile con il Patrimonio di San Pietro in Tuscia e con il circondario di Civitavecchia ).

da www.ideararemaps.com


Delle varie Tuscie, alla fine, il nome e' rimasto alla provincia viterbese ed alla zona ecclesiastica equivalente. Dal punto di vista geologico ed archeologico, si può ancora distinguere una Tuscia rossa, identificabile con il territorio delle antiche città etrusche di Chiusi e di Volterra e una Tuscia nera, vulcanica, identificabile nel territorio delle antiche città etrusche di Orvieto e Vulci.
( da Carlo Nanni , Ischia di Castro, il vecchio e il nuovo )

sabato 19 aprile 2014

Strade che percorrono il tempo – M. Lotti

Antiche vie di comunicazione sul confine Lazio/Toscana, nascoste alla moderna viabilità, sentieri appena accennati che percorrono all’indietro la storia di questo territorio: tagliate etrusche, selciati romani, tratti della Via Clodia.
Una di queste congiungeva Sovana a Castro, passando poi per Ischia e Cellere. Nel tratto più facilmente visibile spicca la presenza della diroccata chiesetta medievale di Santa Maria di Sala, attorniata da tutta una toponomastica longobarda.
Avanzando verso nord invece l’origine dei toponimi si fa etrusca: ecco allora i colli del Voltoncino, del Voltone ed il fascino misticheggiante di Monte Becco, dove sono individuabili antiche strade selciate.
Ma la storia va avanti, rimescolando la percezione dei luoghi sui quali si muovono i nostri passi, per cui questo casale al Voltoncino poggia, sì, su terra dal suono etrusco, ma rappresenta soprattutto il Risorgimento italiano: si tratta della sede del Direttorio della Lega dei Comuni, associazione patriottica locale.

Pitigliano, Casale Voltoncino, Direttorio della Lega dei Comuni
( da M. Lotti, Terra e Unità, D. Ghaleb Editore  )
Più in là, a poche centinaia di metri, l’edificio della ex Dogana Pontificia, poco distante da quello della Dogana toscana.

Valentano, Voltone, Stazione pontificia assaltata dai volontari della Lega dei Comuni il 29 sett 1867
( da M. Lotti, Terra e Unità, D. Ghaleb Editore )
Fin qui la strada è affiancata dal fosso Olpeta, le cui acque e quelle dei piccoli torrenti suoi affluenti sono ancora così incontaminate da ospitare uno degli indicatori ambientali più sensibili: il gambero di fiume, scomparso invece nella maggior parte dei sistemi fluviali italiani.
 Appartiene alla specie Austropotamobius pallipes, la cui locale sottospecie italicus italicus è autoctona e antichissima.

Austropotamobius papilles
( da Conosci  Italia vol. III -  La fauna, T.C.I. 1969 )

Alle spalle, la Selva del Lamone contribuisce ulteriormente a dare un senso atavico al territorio.

Bosco sul Medio Fiora
Luoghi di una storia invisibile all’occhio del viaggiatore, riassunta nella tappa finale di questo percorso: Sorgenti della Nova. Un sito protostorico, un abitato tardoantico, da presidio militare medioevale a rifugio di briganti.
Le strade di questa parte di Maremma sembrano essere vere e proprie “macchine del tempo” per chi sia disposto a tragitti alternativi.


Il Venerdì Santo a Latera.

A Latera, uno splendido paese distante 40 Km da Viterbo, immerso nel verde delle pendici esterne del crinale che divide la grande conca del lago di Bolsena da un altro cratere, si è svolta come ogni anno a partire dal 1632 la processione in costume del Venerdì Santo.

la partenza della processione
L'evento, coinvolge per tutto l'anno l'intera popolazione nella preparazione dei costumi, dei lumi e dei canti.


La statua lignea del Cristo
La passione e la morte di Gesù Cristo viene rappresentata con grande partecipazione dai cittadini, che interpretano tutti i personaggi , da Ponzio Pilato, ai soldati romani, dalla Maddalena ai ladroni, in un silenzio spezzato dal suono delle catene, dei tamburi e dagli antichi canti in latino delle Confraternite.


il Golgota
La processione che attraversa i vicoli dello splendido centro storico, riesce con i suoi colori, luci e suoni a coinvolgere anche chi non è animato da un vero spirito religioso.


i lumi

mercoledì 16 aprile 2014

Giustamente segnalato da Giuliano Di Mario

B U O N A - P A S Q U A

Si avvicina la Pasqua cattolica e tutti sappiamo che il simbolo principale della religiosità cristiana, in questo periodo è l’uovo come segno di rinascita, portatore di una nuova vita. Il simbolismo dell’uovo si perde nella notte dei tempi, possiamo ritrovare lo stesso significato nella religiosità etrusca.

Gli Etruschi vedevano il Cosmo come un unico essere vivente fatto di tante creature di cui l’uomo aveva parte preponderante, questo universo vivente è anche immortale perchè si rigenera continuamente. Dopo la morte quindi, per gli Etruschi c’è la resurrezione ad una nuova vita. 
Questa loro certezza di rinascita dava gioia anche al banchetto finale per andare incontro alla luce, alla rinascita a nuova vita. Durante gli scavi di migliaia di tombe sono state trovate quasi ovunque resti di uova reali o di terracotta che sono state distrutte, anche recentemente, perchè considerate dagli "studiosi" resti di pranzi funebri o loro copie senza nessun valore simbolico. Le diverse uova di struzzo decorate finemente ritrovate in varie necropoli come a Vulci , ora alcune al British Museum, sono considerate da molti solo dei ricchi ornamenti esotici senza alcun significato religioso o simbolico. Sapendo tutto ciò questi studiosi non hanno neppure collegato le pietre ovali sulle tombe della necropoli di Montovolo (presso Marzabotto) all’uovo simbolo di resurrezione, ma tutti questi storici in tutto il mondo, le hanno definite semplici cippi senza nessun valore simbolico. Invece, la civiltà Etrusca è piena di simbolismi, ed i nostri, nonostante il trascorrere dei millenni, dei secoli, delle religioni, si rifanno ad essi, segno che ogni uomo che esiste ed è esistito sulla terra, è collegato da un sottile filo conduttore e cioè dalla speranza e dalla fede che ci sia una prosecuzione di vita oltre quella terrena.
(tratto dagli scritti del Prof. Graziano Baccolini)




lunedì 14 aprile 2014

Pillole di storia. Antonio da Sangallo il Giovane.

foto by Enciclopedia Treccani


Antoio di Bertolomeo Cordini, nato a Firenze nel 1484, meglio noto come Antonio da Sangallo il Giovane, operò dal 1515 fino alla sua morte avvenuta a Terni nel 1546, come architetto di fiducia del Cardinale Alessandro Farnese  poi  Papa Paolo III.
Rocca di Ischia di Castro ( foto by Daringtoto.com )

 Per quanto riguarda il Ducato di Catro, progettò numerose opere tra le quali due tempietti nell'Isola Bisentina, il palazzo castello di Capodimonte, quello di Gradoli , le fortificazioni e la trasformazione urbanistica ed architettonica della città di Castro, la chiesa di S. Egidio a Cellere e la trasformazione del castello medioevale di Ischia di Castro in un palazzo rinascimentale.

Chiesa di S. Edidio a Cellere

sabato 12 aprile 2014

La meraviglia dell'Eremo di Poggio Conte nel Comune di Ischia di Castro


la chiesa di Poggio Conte nel Comune di Ischia di Castro ( Viterbo )

Tra le memorie che la storia qui offre in un ambiente ancora intatto, invitando alla scoperta di quanto un millenario isolamento ha conservato nell'originale bellezza, l'Eremo di Poggio Conte rappresenta una viva testimonianza del misticismo medioevale realizzato in estrema solitudine, eredità rielaborata della cultura ascetica orientale.
Il percorso che raggiunge questo luogo dello spirito costeggiando il fiume Fiora è già per se stesso una metafora del cammino interiore all'elevazione spirituale, per chi è ancora capace di contemplazione.

La sorpresa che si offre al visitatore all'apparire della facciata della chiesa, scolpita e così meravigliosamente integrata nell'immutato paesaggio, si trasforma in vero stupore nel'osservare il complesso impianto architettonico rupestre, impostato su modelli gotico-cistercensi, e la ricca decorazione pittorica. La suggestività del luogo è resa maggiore dal rumore di una cascatella nelle immediate vicinanze dell'insediamento.
La chiesa si presenta divisa in due vani da un arco ogivale con cornice a riseghe. Nel primo ambiente la volta cupoliforme è decorata da un rosone floreale scolpito a rilievo, mentre nella fascia sottostante erano affrescate, in tredici nicchie, le figure degli apostoli attorno all'effige centrale del Cristo.

la cascata
Trafugate alla fine degli anni 50, ne sono state recuperate sei, ora esposte presso il " Museo  Pietro e Turiddo Lotti " di Ischia di Castro. Il presbiterio a crociera ogivale, propone un repertorio decorativo pittorico variegato nelle composizioni floreali e geometriche delle vele, delle nervature e dei sottarchi.
Nell'abside del coro, i resti di una cattedra centrale e di due scanni laterali fanno supporre la presenza di eminenti religiosi ad officiare  il rito.

Articolo dalla Rivista  Culturalia anno 1 n 2 a cura di Anna Laura. 

Il Tai Chi, una disciplina che migliora il benessere


L'insegnante Patrizia Redica
Il Tai Chi, affascinante disciplina cinese, è nello stesso tempo una ginnastica per la salute psicofisica, una raffinata arte marziale di autodifesa ed una forma di  meditazione dinamica.

la difficoltà dell'inizio

La sua pratica quotidiana permette di accrescere non solo il senso di benessere aiutandoci a affrontare lo stress della vita moderna, ma anche di liberare una enorme quantità di creatività, contribuendo a mantenerci lucidi, ottimisti ed attenti.
L'associazione I Lentischi offre ai tesserati  l'opportunità di partecipare alle lezioni tenute dalla nostra socia Patrizia Redica il venerdì pomeriggio alle ore 17,50 in Ischia di Castro(Viterbo). L'offerta è libera.

lezione nel verde di Ischia di Castro
Se siete interessati potete scriverci a:  ilentischiassociazione@gmail.com