martedì 30 settembre 2014

I rituali in grotta durante la preistoria nella Maremma Castrense.

Dopo l'escursione della scorsa settimana, riporto una parte dello scritto di Daniela Cocchi Genick tratto dagli atti del convegno che si tenne ad Ischia di Castro nel 1998 su " Ferrante Rittatore Vonwiller e la Maremma, 1936-1976, nel quale vengono trattati i rituali in grotta durante l'età del bronzo.
 
immagine degli scavi nella Grotta di Settecannelle
nel comune di Ischia di Castro (VT)
".....si possono trarre alcune conclusioni sui processi di modificazione dell'ideologia funeraria e religiosa indiziati dalle testimonianze dei rituali di grotta tra cui, come a più riprese evidenziato in questa sintetica trattazione, particolarmente significative risultano quelle venute in luce nelle numerose cavità del territorio maremmano scavate da F. Rittatore. Nei momenti iniziali dell'antica età del bronzo il prevalente uso esclusivamente sepolcrale delle cavità naturali riflette l'importanza di quella nuova ideologia funeraria sviluppatasi nell'Eneolitico, indicativa di profondi cambiamenti inerenti all'organizzazione sociale.
 
Sorgenti della Nova nel comune di Farnese (VT)
 Nelle fasi successive, sempre più evidente risulta una loro utilizzazione per l'espletamento di pratiche cultuali che, seppur rievocanti tradizioni che risalgono ancor più indietro nel tempo, riflettono un graduale processo di modificazione delle concezioni religiose : nelle testimonianze di età neolitica possono infatti trovare analogie alcune manifestazioni rituali di tipo agrario e quelle connesse alla presenza dell'acqua , come la frequente presenza di resti umani, ma chiari indizi di profondi cambiamenti si riscontrano in una serie di elementi innovativi dei quali in riferimento alle testimonianze dell'area in questione, sono stati in questa sede considerati i seppellimenti selettivi, la collocazione di resti umani funzionale ad atti di culto, alcune particolari e ricorrenti associazioni come quella dei crani umani e di canidi talora accompagnati da oggetti di pregio, la deposizione di vasi contenenti derrate alimentari carbonizzate, la ricorrenza di determinate classi vascolari"
"Le chiare evidenze di frequentazioni anche da aree alquanto distanti lasciano prefigurare questi siti come importanti punti d'incontro e centri di scambio che, conseguentemente, devono aver rivestito un ruolo significativo nella circolazione dei beni, dei modelli e delle persone."

lunedì 29 settembre 2014

La Maremma Castrense terra di contrabbando durante il Risorgimento.

Tratto da "Terra e unità - Ischia di Castro nel Risorgimento" di Maura Lotti, questo brano offre l'immagine di questa terra di confine, tra Toscana e Lazio durante il Risorgimento.
Terra di confine
Contrabbandieri, attivisti ed emigranti.
Il contrabbando delle armi o del materiale rivoluzionario era un surplus a quello principale delle granaglie per la questione della tassa sul macinato : si portava il grano a macinare in Toscana e si faceva rientrare farina esentasse in territorio pontificio.

il Voltone, terra di confine tra Lazio e Toscana

Questo commercio era particolarmente favorito dagli oppositori del governo in quanto rappresentava una ripercussione sfavorevole per le casse papali. Inoltre tale traffico collaudato si prestava bene come mezzo per far entrare nel patrimonio di San Pietro non solo stoffe rosse, bianche e verdi, armamenti e stampe antipapali, ma anche attivisti ne soldati in "camicia rossa". Le Bande Garibaldine che entrarono nel Territorio Pontificio erano tutte accompagnate da guide locali che sapevano bene dove far passare le varie compagnie o i gruppi di volontari e dove alloggiarli.
Trafficanti, briganti o presunti filoitaliani ( i Bocci, lo stesso Domenico Tiburzi o Alessasndro Gavazzi) venivano assoldati come scout. Dopo il 1861, vista la vulnerabilità della frontiera, l'inadeguatezza delle Forze e data la  stessa corruzione che aleggiava tra i finanzieri doganali Pio IX promise un premio di 50 scudi a chi avesse fatto catturare i contrabbandieri.

la vecchia stazione pontificia del Voltone
La strada che allora passava per la dogana del Voltone sembrava fatta apposta per facilitare il contrabbando. Attraversava e lambiva due zone in cui la dispersione era favorita da due macchie, quella del Lamone e quella del Voltone, pressochè impenetrabili da chi non ne fosse più che esperto conoscitore.

la macchia del Lamone con i suoi sentieri
Macchie che rappresentavano una sorta di cuscinetto posto tra i due stati ; infatti all'interno vi erano, ed in parti vi sono tutt'oggi, sentieri che uniscono direttamente la Toscana e territori papalini di Ischia o Farnese, senza lambire le allora strade principali.
I moti del 60 si spensero e in un proclama del 1860 venne ordinato di sospendere le operazioni rivoluzionarie ed attendere l'imminente fine del governo pontificio. Molti appartenenti della Lega dei Comuni prenderanno la via dell'esilio, e tra questi un folto gruppo di farnesani e di ischiani.

domenica 28 settembre 2014

Escursione del 27 settembre alle grotte di Settecannelle e del Fiora.

Per i Lentischi, l'autunno inizia con una escursione alla grotta di Settecannelle nel comune di Ischia di Castro e ad una grotta nei pressi del fiume Fiora, nel tratto che attraversa il comune di Canino.


I Lentischi 

nella grotta a Canino
 La bella giornata di sole ci ha accompagnato alla scoperta di una spettacolare grotta naturale, formatasi all'interno di un costone roccioso lungo il corso del fiume Fiora. La grotta, costituita da più ambienti, con le sue formazioni calcaree sembra ricordare antichi luoghi di culto.  L'aspetto più particolare riguarda, a mio avviso, un vano che per dimensioni ed aspetto delle pareti e del soffitto, da' quasi l'impressione di essere una capanna preistorica inglobata nel calcare e fossilizzata.

ingresso 


atrio

passaggio tra i vari ambienti

formazioni calcaree

particolare del "soffitto"

Nel primo pomeriggio, dopo un gradevole picnik nella  campagna di Canino, abbiamo visitato la zona del fosso Paternale, con la piccola ma bellissima via cava che porta alla sorgente delle Settecannelle ed alla importante omonima  grotta frequentata sin dal paleolitico.


il picnik nella campagna di Canino
la via cava in entrata

la via cava in uscita

fosso del Paternale

passaggio scavato nel tufo
ingresso della grotta di Settecannelle
 Come al solito pubblico alcune fotografie scattate dai soci dell'associazione che hanno partecipato a questa gradevole  giornata.

venerdì 26 settembre 2014

L'Eneolitico nel territorio di Ischia di Castro (VT).Tratto da uno scritto di Giuditta Gatteschi.

"Durante tutto l'Eneolitico, dalla metà circa del IV fino agli ultimi secoli del III millennio a.C. In cronologia calibrata, il territorio di Ischia di Castro e' caratterizzato essenzialmente dalla presenza delle necropoli riconducibili alla Cultura del Rinaldone di cui con certezza, si ne conoscono almeno otto.
La cultura del Rinaldone, dal nome della località nei pressi di Montefiascone ( Viterbo ) dove nel 1903 furono scoperte le prime tombe, era diffusa durante tutto l'Eneolitico nell'area centrale tirrenica fra Toscana meridionale e Lazio settentrionale, con una massima concentrazione lungo la valle del medio corso del fiume Fiora, oltre che nell'area sud-orientale del territorio di Roma a sud del Tevere.
Essendo praticamente sconosciuti contesti di abitato associati alle necropoli, o ad esse riconducibili, sembra essere assodato che l'elemento caratterizzante della cultura sia proprio la tipologia delle necropoli, formate da un numero variabile di ambienti ipogei artificiali denominati "tombe a forno" e tutti gli aspetti del complesso rituale funerario che in essi si manifestano. Per la cultura del Rinaldone  agli ormai accurati studi di cronologia relativa, basati sia sui materiali ceramici sia sulle produzioni metallurgiche, corrispondono purtroppo pochi riferimenti in termini di cronologia assoluta. "

vaso a fiasco trovato in Loc. Chiusa D"Ermini
Museo Civico di Ischia di Castro

vaso a fiasco trovato in Loc. Ortaccia
Museo Civico di Ischia di Castro

asce a martello trovate in Loc. Ortaccia
Museo Civico di Ischia di Castro

punte di freccia trovate in Loc. poggio Volparo
Museo Civico di Ischia di Castro
Le necropoli presenti nel territorio di Ischia di Castro sono state scoperte in un arco temporale compreso tra il 1941 ed il 1994 e sono localizzate in Loc. Pianizza presso il Ponte San Pietro sul fiume Fiora,  in Loc. Chiusa d'Ermini nei pressi del Fosso della Paternale in direzione di Vulci, presso il Fosso delle Fontanelle, la necropoli di Crognoletto dell'Arsa e Poggio Volparo, in Loc. Ortaccia, nei pressi della villa romana della Selvicciola e per ultima in Loc. Fontanile di Raim.

giovedì 25 settembre 2014

Il Pantheon degli Etruschi.

Gli scrittori latini e cristiani, danno degli Etruschi l'immagine di un popolo estremamente religioso. La religione permeava tutti gli aspetti della vita e dell'attività umana, sia che si trattasse di riti divinatori che della fondazione delle città, di pratiche militari o politico-sociali. 
La Disciplina, cioè le norme codificate giunte  a noi tramite gli scritti di Seneca, Plinio il Vecchio ed il monaco Giovanni Lido,  è l'aspetto più noto della religione etrusca. L'elaborazione della dottrina consentiva ampi margini di interpretazione e questo consentiva spesso la scelta di quella più adatta per ottenere il responso più favorevole a chi interrogava.

Tinia

Uni
Le divinità erano distribuite in sedici case con posizioni che venivano occupate rispetto ai punti cardinali. Le prime quattro regioni celesti, comprese tra il nord e l'est,   erano occupate dagli dei più importanti , Tinia ( Zeus) e Uni ( Hera ); tra est  e sud erano le case che ospitavano le divinità marine e solari quali Nethuns ( Poseidon ) e Catha ( Helios ); nelle case da sud ad ovest erano ospitate le divinità ctonie Fufluns ( Dionisio ) e Selvans ( Silvano ); le ultime case, da ovest a nord ospitavano gli dei inferi Cel ( Tellus ), Culsu ( Giano), Vetis e Cilens.,

il Fegato di Piacenza
La ricostruzione del pantheon etrusco avvenuta  dopo il ritrovamento del Fegato di Piacenza, vede la presenza di divinità di chiara derivazione greca quali Calu, Aita ( Ade ), Phersipnai ( Persefone )Aplu ( Apollo), Artumes ( Artemide ), Turan ( Afrodite ). A questi ultimi venne aggiunto anche  un folto gruppo di divinità di derivazione romana ed italica come Menerva ( Minerva ), Usil, Veive ( Veiovis), Satre ( Saturno ) ed altri caratterizzati da nomi indigeni quali Letham, Turms, Cautha, La-ran e Maris.
Un aspetto della religione Etrusca che la accomuna a quella greca, è dato dalla presenza di un misterioso gruppo di divinità ( Dei Superiori ), alle quali, in casi di particolare gravità, la stessa Tinia doveva sottoporre le sue decisioni.
Esisteva inoltre un ulteriore gruppo di divinità  ,Dii Consentes , sei maschili e sei femminili che si dividevano in quattro ulteriori classi  corrispondenti ai regni di Giove, Nettuno, degli dei mortali e degli inferi per onorare i quali esisteva un calendario di riti e feste sacre.

mercoledì 24 settembre 2014

La Maremma Laziale nel XIX secolo. Tratto da " Le trasformazioni territoriali e le grandi tenute maremmane " di Antonio de Ruggiero.

La Maremma Laziale che fino all'Unità faceva parte dello Stato della Chiesa , fu protagonista di una serie di moderate riforme agrarie attuate dai pontefici nel corso del Settecento, con il fine di evitare il totale spopolamento delle campagne colpite dalla tremenda insorgenza della malaria.
Dopo aver intrapreso interventi pubblici come la costruzione o ricostruzione di acquedotti e fontane, la realizzazione di magazzini per conservare il grano, e poco proficui interventi di bonifica idraulica , alla fine del secolo XVIII numerose proprietà furono concesse a diversi signori in enfiteusi, forma di contratto che affidava ai nuovi proprietari il compito di migliorare le colture dei terreni e di corrisponderne un canone in denaro.

i macchiaioli dipinsero la vita nella maremma ottocentesca
Durante il Governo Napoleonico , il Dipartimento del Tevere, che includeva gran parte del patrimonio, fu diviso in sei circondari, e quello di Viterbo fu, a sua volta, diviso in sedici Cantoni.
In questo periodo principi, marchesi e facoltose famiglie locali riuscirono ad acquisire numerosi possedimenti con il permesso dei pontefici, che non riuscivano più a sopportare il peso economico della dominazione francese. Queste nuove famiglie segneranno con le loro politiche le vicende dei singoli paesi del viterbese, nei decenni successivi. Durante tutto l'ottocento perdurò, in linea generale, una gestione dei terreni agricoli legata al latifondo, con grandi colture estensive e molti terreni lasciati a pascolo. 

la vita nei campi nella maremma ottocentesca
Negli anni immediatamente successivi all'Unità d'Italia con le "leggi eversive" del 1866 e del 1873 lo Stato incamerò immensi patrimoni ecclesiastici, la cui vendita favorì nuovi proprietari, che si dimostrarono molto spesso più attenti degli enti ecclesiastici nel colpire le forme più tradizionali di sfruttamento della terra, del pascolo o del bosco. In realtà non furono tanto le attese dei contadini più poveri ad essere disattese, quanto lo sconcerto e il senso di preoccupazione che si acuì nel momento in cui si videro privati di antichi usi e abitudini di sfruttamento del terreno sia per il pascolo che per la raccolta o per la semina. Quando a fine secolo, con una legge più radicale del 1888 si cercarono di abolire totalmente gli antichi diritti degli usi civici si fece più intenso il disagio sociale con l'occupazione delle terre da parte dei contadini e soprattutto con la nascita di nuove forme di avversione al potere centrale. Speso i nuovi padroni furono visti come usurpatori e affamatori del popolo. I briganti, favoriti dalla morfologia di un territorio ideali per i loro nascondigli, nati e cresciuti in questi luoghi, reclutavano facilmente i loro manutengoli nella miseria delle campagne, ma anche tra gli stessi proprietari terrieri, impauriti da possibili ritorsioni e perchè si sentivano garantiti , così dalla criminalità comune. 
Nella Maremma Laziale di fine Ottocento le principali famiglie di proprietari erano i Principi Torlonia, i marchesi Guglielmi e i principi Boncompagni che, insieme ad altri pochi privilegiati si erano divisi enormi territori.

martedì 23 settembre 2014

Il Neolitico nel territorio di Ischia di Castro (VT).Tratto da uno scritto di Giuditta Gatteschi.

Oggi  riporto,  dal Quaderno n.9 del Sistema Museale del Lago di Bolsena, una parte del capitolo "Il Paleolitico e il Neolitico nel territorio di Ischia di Castro" riguardante il Neolitico, che sarà un argomento importante dell'escursione di sabato prossimo, 27 settembre  alla grotta di Settecanelle 
 ed alla grotta della Dea Madre, che furono oggetto degli studi dell'Università di Pisa e dell'interessamento di  Ferrante Rittatore  Vonwiller.
Il Neolitico
Durante il VI millennio negli insediamenti centro-europei si verificò un cambiamento radicale nelle società umane. Il passaggio da un'economia di caccia e raccolta a quella di produzione del cibo, che avvenne durante il Neolitico, fu introdotto da genti provenienti dalla "mezzaluna fertile ", attraverso l'Anatolia ed i Balcani. Tuttavia le forme economiche tradizionali non vennero abbandonate completamente nè tanto meno in modo improvviso : caccia e raccolta rimasero fattori importanti per il reperimento del cibo, tanto che presso alcune comunità la selvaggina copriva ancora la maggior parte del fabbisogno di carne.

frammento di ceramica
Museo Civico di Ischia di Castro
La nuova economia, basata sulla coltivazione dei cereali e sull'addomesticamento di alcune specie animali, determinò un mutamento nel modo di vita, che da nomade si trasformò in stanziale, con abitazioni durature e stabili, riunite in villaggi, talvolta protette da fossati e palizzate. Questa trasformazione fu possibile anche grazie al miglioramento climatico avvenuto col ritiro della glaciazione di Wurm, alla quale seguì il clima temperato dell'epoca attuale ( Olocene ) che favorì la crescita della vegetazione.

frammenti ceramici
Museo Civico di Ischia di Castro
Tra ne nuove acquisizioni figurano la lavorazione della pietra mediante levigatura, ( utilizzata anche nella produzione di nuovi strumenti adatti a tagliare il legname da costruzione ed a macinare i cereali ), l'utilizzo di fibre animali e vegetali per confezionare tessuti. Un'altra innovazione è la produzione di ceramica, un impasto di argilla ed acqua che, dopo essere stato plasmato in diverse forme, essiccato all'aria e messo a cuocere in fosse ricoperte da legname, permette di ottenere dei contenitori impermeabili e resistenti al calore, per cuocere e conservare i cibi. Oltre che per i recipienti si usò l'argilla per realizzare pesi da telaio, fusaiole, colatoi, nonchè piccole figurine animali o umane.

domenica 21 settembre 2014

Camminando sulla storia di Castro. Ischia di Castro (VT).

Entrando per la prima volta a Castro, dopo aver letto la storia della città e della sua rovina, si rimane colpiti dai fatti avvenuti, dalla volontà di distruzione manifestata e dalla forza della natura che nei secoli ha quasi cancellato l'opera dell'uomo.
Gli alberi cresciuti sulle rovine rendono questo luogo allo stesso tempo bellissimo ed inquietante, il sottobosco con i suoi rovi ha ormai quasi completamente ricoperto ciò che resta di case, mura, chiese e gli edifici che il Sangallo aveva iniziato a realizzare.
Ciò che sembra essere sfuggito  alla distruzione operata dalle truppe del papa Innocenzo X e che spesso riemerge fra foglie e cespugli sono i pavimenti di case, chiese e della Piazza Maggiore. Oggi pubblico alcune fotografie scattate da Patrizia Lapenna  durante una passeggiata a Castro e che mostrano l'antica città  da una diversa angolatura.

il pavimento in pietra esterno alla
cattedrale di San Savino

cattedrale di San Savino
ii pavimento in cotto  interno alla cattedrale
i mattoni in cottoSan Savino
a Piazza Maggiore, tra le foglie
spunta la pavimentazione a spina di pesce

Piazza Maggiore
Piazza Maggiore, le pietre della Hostaria
pavimentazione nei pressi di San Pancrazio
Santa Maria intus civitatem




venerdì 19 settembre 2014

La Selva oscura del Lamone. Farnese (VT).

Nel mezzo del camin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
che' la diritta via era smarrita.

La selva oscura esiste, si trova nella Selva del Lamone ed è' attraversata dal sentiero n.7, che fa' parte del Sentiero delle Acque.

il sentiero delle acque 
 Questo percorso, che parte dal fiume Olpeta, comprende l'area di Santa Maria di Sala, il sentiero degli Etruschi , i più importanti lancioni e molte spettacolari "pile".
Le pile sono crateri di lava, formati a seguito del cedimento di antiche strutture geologiche del tipo dei "domi" e "coni" vulcanici.

gli avvallamenti creati seguito delle eruzioni
creano un continuo gioco di luci ed ombre
le pile si susseguono le una alle altre per
gran parte del sentiero

il cedimento dei coni vulcanici produce dei
dei veri e propri muri di pietre alti anche molti metri

un tronco probabilmente spezzato da un fulmine 
Nel corso dei millenni, le coltri pietrose  originate dai vicini vulcani, sono state coperte da una vegetazione fittissima che ora offre uno spettacolo unico di alberi di alto fusto cresciuti tra le rocce ed un fitto sottobosco.

gli alberi di alto fusto spuntano nel mare delle
rocce laviche e rappresentano una caratteristica tipica della selva
 Lo spettacolo naturale e' completato dai muschi che ricoprono le pietre e che fanno precipitare il visitatore, in un modo verde, ovattato, dove gli unici suoni sono quelli dei nostri passi e degli animali che abitano il bosco.

una roccia coperta da un alto strato di muschio
Attraversando questa selva inestricabile si può perdere facilmente la cognizione del tempo e l'orientamento per cui, non solo e' assolutamente sconsigliato lasciare i sentieri segnalati, ma bisogna fare attenzione a non passare da un sentiero all'altro per non correre il rischio di girare in tondo per ritrovarsi poi al punto di partenza come e' capitato anche a me.

giovedì 18 settembre 2014

Isabella Farnese.

Isabella, figlia di Mario Farnese e di Camilla Lupi, nacque a Parma nel 1593 e rappresentò una figura complessa originale e controversa, sia tra le figure femminili della sua famiglia che nell'ambiente monacale romano del 1600.
In lei convissero la natura e la cultura aristocratica, doti carismatiche ed organizzative capacità letterarie e, soprattutto molte delle incoerenze della condizione monacale e femminile del XVII secolo. 
La sua vita fù segnata quando , ancora bambina fù colpita da un'infezione da vaiolo e subito dopo da ustioni al volto e al corpo a seguito di una caduta su un braciere.  La conseguenza fù un brusco cambiamento di carattere che divenne chiuso e malinconico. La ragazza ,che era stata educata per diventare una cortigiana destinata ad un matrimonio vantaggioso, venne invece affidata alla zia Francesca, clarissa e Roma, per essere avviata alla vita religiosa. Isabella, nel corso di tutto il periodo di convincimento che durò fino a 14 anni, mostrò un carattere irriducibile, ribelle ed una repulsione per la vita monacale. Nel 1607, nel periodo di prova a casa , quasi completamente guarita dalle ferite al volto, si riadattò alla vita di corte e si innamorò di un giovane cavaliere. Quando questi morì, Isabella cadde in una profonda depressione e decise di tornare in convento a Roma per iniziare il noviziato. Nel 1609 prese i voti e divenne suor Francesca di Gesù e Maria,  continuando però a vivere la sua condizione in maniera tormentata e difficile, coltivando discipline come l'astrologia in evidente contrasto con le regole del monastero.

presunto ritratto di Isabella Farnese
foto by canino.info
Solo all'età di 23 anni riuscì a superare i suoi tormenti interiori e ad avviarsi sempre di più verso una maggiore dedizione religiosa abbandonando letture, privilegi e la condizione di monaca d'elite che le sue origini  le permettevano. Iniziò anzi un percorso mistico e contemplativo che la portò, con l'aiuto del padre, a trasformare il convento di San Rocco a Farnese nel Monastero di Santa Maria delle Grazie. Qui realizzò un luogo altamente spirituale e di penitenza nel  quale fù lei stessa, fatto insolito per l'epoca, a scrivere regole aspre nei castighi e nelle pene corporali che prevedevano l'esercizio del silenzio ed un'organizzazione molto simile a quella di Santa Chiara.

Santa Maria delle Grazie a Farnese
foto by clarisse.it
Le sue clarisse, soprannominate "le sepolte vive", e la sua fama di "madre spirituale" conquistarono ben presto il favore del Cardinale Francesco Barberini e di molte nobildonne che negli anni successivi la sostennero nella fondazione di altri monasteri ad Albano, Palestrina e, nel 1643, il Monastero della S.S. Concezione nel rione Monti a Roma. Qui morì nel 1651 all'età di 58 anni. 

mercoledì 17 settembre 2014

Il culto della Dea Madre.

La Maremma Castrense, ed in particolare l'area della bassa valle del Fiora, con i suoi siti archeologici tra i quali spiccano per importanza la grotta di Settecannelle ed il sito  di Sorgenti della Nova, ha registrato la presenza umana nel corso di tutta la preistoria.
Ritrovamenti ceramici e tracce di insediamenti hanno restituito testimonianze, corredate da datazioni assolute,  di attività umane comprese tra l'Epigravettiano, l'Eneolitico ed il Neolitico, passando per l'età dei metalli.

la Venere di Macomer è la più antica statuina della Dea Madre
trovata in Sardegna e databile al Neolitico antico
foto by sardegnacultura
E'  a  partire dall'VIII millennio a.C., che sembra essersi diffusa presso tutte le più antiche comunità agricole il culto della Dea Madre. Questa figura femminile, presente già nell' arte paleolitica, assurge nel Neolitico a figura legata alla terra fecondata che, anno dopo anno  con la sua vegetazione ed i suoi frutti,  garantisce il sostentamento delle comunità agricole. 

Venere di Willendorf
foto by wikipedia
Il  ritrovamento di statuine nel Vicino Oriente, nell'Europa sud-orientale ed ora anche nell'Italia settentrionale, dimostra quindi, come sin dalla preistoria, gruppi culturali diversi, abbiano comunque voluto identificare  il ciclo della natura e della vita con una  figura femminile che poi, con il succedersi delle civiltà ed  il passaggio al politeismo, ha trovato  eredi come  Demetra-Cerere-Persefone-Proserpina.


martedì 16 settembre 2014

La grotta di Settecannelle ( Ischia di Castro, VT). Paola Ucelli Gnesutta

In previsione della prossima escursione alle grotte di Settecannelle e della Dea Madre nel territorio di Ischia di Castro, pubblico un brano della Dottoressa Paola Ucelli Gnesutta tratto   dal libro "Ferrante Rittatore Vonwiller e la Maremma, 1936-1976" -  Atti del convegno del 4-5 aprile 1998 ad Ischia di Castro  :
" La Grotta di Settecannelle si apre sulla sponda sinistra del fosso della Paternale, un affluente del Fiora, nella località di Punton di Villa. La cavità, formatasi per erosione di corsi d'acqua in un banco di tufi deposti dalle eruzioni del vulcano di Latera, misura 20 m. in lunghezza e 10,5 in larghezza. La volta, è alta al centro 3 m. 

grotta di Settecannelle
Il giacimento, sito in proprietà di Filippo Peroni, fu segnalato da Giovanni Ricci e Pietro Caporossi a Ferrante Rittatore Vonwiller. Egli riconobbe fra i frammenti ceramici raccolti in superficie, presenze di età neolitica e nel 1976 compì un sopralluogo alla grotta, forse il suo ultimo intervento in questo territorio.
Lo scavo, iniziato nel 1985 dalla Università di Pisa sotto la mia direzione, è ancora in corso e si svolge col contributo del Comune di Ischia di Castro e della Cooperativa Ambiente e Cultura. I primi 40 cm. circa del riempimento sono costituiti da un deposito rimaneggiato contenente materiali di varie epoche, dalla preistoria fino all'epoca attuale. La ceramica preistorica comprende frammenti della media età del Bronzo, del Bronzo antico, dell'Eneolitico e del Neolitico ( VI-II millennio a.C.). I livelli sottostanti sono riferibili al Paleolitico superiore e contengono fauna e materiali della cultura epigravettiana che risalgono fino circa a 17.000 anni da oggi".

grotta della Dea Madre
Sabato 27 settembre visiteremo questo importantissimo sito archeologico e renderemo testimonianza di come questo è mantenuto oggi, a 30 anni di distanza dagli scavi.