mercoledì 24 settembre 2014

La Maremma Laziale nel XIX secolo. Tratto da " Le trasformazioni territoriali e le grandi tenute maremmane " di Antonio de Ruggiero.

La Maremma Laziale che fino all'Unità faceva parte dello Stato della Chiesa , fu protagonista di una serie di moderate riforme agrarie attuate dai pontefici nel corso del Settecento, con il fine di evitare il totale spopolamento delle campagne colpite dalla tremenda insorgenza della malaria.
Dopo aver intrapreso interventi pubblici come la costruzione o ricostruzione di acquedotti e fontane, la realizzazione di magazzini per conservare il grano, e poco proficui interventi di bonifica idraulica , alla fine del secolo XVIII numerose proprietà furono concesse a diversi signori in enfiteusi, forma di contratto che affidava ai nuovi proprietari il compito di migliorare le colture dei terreni e di corrisponderne un canone in denaro.

i macchiaioli dipinsero la vita nella maremma ottocentesca
Durante il Governo Napoleonico , il Dipartimento del Tevere, che includeva gran parte del patrimonio, fu diviso in sei circondari, e quello di Viterbo fu, a sua volta, diviso in sedici Cantoni.
In questo periodo principi, marchesi e facoltose famiglie locali riuscirono ad acquisire numerosi possedimenti con il permesso dei pontefici, che non riuscivano più a sopportare il peso economico della dominazione francese. Queste nuove famiglie segneranno con le loro politiche le vicende dei singoli paesi del viterbese, nei decenni successivi. Durante tutto l'ottocento perdurò, in linea generale, una gestione dei terreni agricoli legata al latifondo, con grandi colture estensive e molti terreni lasciati a pascolo. 

la vita nei campi nella maremma ottocentesca
Negli anni immediatamente successivi all'Unità d'Italia con le "leggi eversive" del 1866 e del 1873 lo Stato incamerò immensi patrimoni ecclesiastici, la cui vendita favorì nuovi proprietari, che si dimostrarono molto spesso più attenti degli enti ecclesiastici nel colpire le forme più tradizionali di sfruttamento della terra, del pascolo o del bosco. In realtà non furono tanto le attese dei contadini più poveri ad essere disattese, quanto lo sconcerto e il senso di preoccupazione che si acuì nel momento in cui si videro privati di antichi usi e abitudini di sfruttamento del terreno sia per il pascolo che per la raccolta o per la semina. Quando a fine secolo, con una legge più radicale del 1888 si cercarono di abolire totalmente gli antichi diritti degli usi civici si fece più intenso il disagio sociale con l'occupazione delle terre da parte dei contadini e soprattutto con la nascita di nuove forme di avversione al potere centrale. Speso i nuovi padroni furono visti come usurpatori e affamatori del popolo. I briganti, favoriti dalla morfologia di un territorio ideali per i loro nascondigli, nati e cresciuti in questi luoghi, reclutavano facilmente i loro manutengoli nella miseria delle campagne, ma anche tra gli stessi proprietari terrieri, impauriti da possibili ritorsioni e perchè si sentivano garantiti , così dalla criminalità comune. 
Nella Maremma Laziale di fine Ottocento le principali famiglie di proprietari erano i Principi Torlonia, i marchesi Guglielmi e i principi Boncompagni che, insieme ad altri pochi privilegiati si erano divisi enormi territori.

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