giovedì 24 aprile 2014

La Maremma di Alfio Cavoli.

Quando alcuni anni fà mi sono trasferito  in Maremma, prima a Pitigliano e poi ad Ischia di Castro, ne  ho voluto  conoscere i luoghi, le tradizioni e la storia. Uno dei primi libri nei quali mi sono imbattuto è stato "Maremma amara " di Alfio Cavoli, lo scrittore di Manciano che può essere definito la memoria e la coscienza di questa terra.
Alfio Cavoli nacque a Manciano il 22 agosto del  1927 da genitori contadini, che intuendone  le qualità, a costo di enormi sacrifici , permisero al figlio di studiare. Diplomatosi Perito agrario, divenuto poi insegnante in un Istituto professionale di Manciano, fù poi  corrispondente per " Il Telegrafo" di Livorno con il quale collaborò fino al 1989.

Alfio CAvoli
foto by Associazione culturale Alfio Cavoli

Nel 1965 pubblicò il suo primo volume, una raccolta degli articoli già proposti nelle pagine del "Il Telegrafo" e vari inediti. Seguiranno numerosissimi altri libri, oltre agli articoli per "Il Tirreno", "Paese Sera", "Cultura oggi" ecc. In veste di storico e scrittore d'argomento maremmano partecipò a verie trasmissioni sia radiofoniche che televisive della RAI e fù consulente storico del film " Briganti della Maremma tosco-laziale dell'800"di Sergio Rossi  nel 1986  e "Tiburzi" di Paolo Benvenuti nel 1996. Dal 1965 al 1990 occupò la carica di Assessore alla Cultura ed alla Pubblica  Istruzione del Comune di Manciano, ottenendo il potenziamento della Biblioteca Civica, l'istituzione delle biblioteche nelle frazioni di Saturnia, San Martino sul Fiora e tre musei  : il Museo di Preistoria e Protostoria della valle del fiume Fiora, il Museo Etrusco a Saturnia e la Pinacoteca Aldi-Pascucci oggi chiusa.
Morì a Roma il 30 settembre 2008, dopo aver , contribuito salvare il patrimonio culturale, storico ed ambientale della Maremma a lui cosi caro.


Sono figlio di un paese - Manciano -  che svetta nel cielo della "Maremma di là" per  ammirare tutt'intorno panorami sterminati di pianure e di monti, di colli e di marine. I  miei nonni, sia paterni , materni, erano
contadini; i miei genitori braccianti. Dagli uni e dagli altri ho ereditato la fierezza delle origini proletarie e l'orgoglio di una maremmanità fra le più autentiche e schiette. I giorni più giocondi e spensierati della mia vita, nonostante gli spettri della povertà e del disagio familiare, li ho trascorsi da ragazzo nei campi e nelle vigne. Ho avuto perciò la fortuna di conoscere la Maremma vera, quella di cui non rimane ormai che il ricordo nei dipinti, nei libri, nelle foto struggenti del Denci o dell'Azzolino. Ho fatto in tempo a vedere gli ultimi poveri diavoli che scendevano dalle montagne per trovare di che sopravvivere nei latifondi ancora malarici. E la pena che suscitavano mi è rimasta scolpita nella memoria come un punto fermo su cui tornare spesso a riflettere. Ho sentito i sapori, gli odori, le voci i suoni di una campagna primigenia, dove scorrevano nella quotidiana durezza dell'impegno, arcaiche esistenze; e dove la natura, rigogliosa ovunque di quella vegetazione poi sacrificata in gran parte agli dei del progresso, celebrava i suoi fastosi trionfi primaverili.





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